Il legame storico-culturale tra le corse in bicicletta e le corse di biglie su circuito
E' a partire dagli ultimi decenni dell' ottocento, che viene fissato nella memoria popolare il mito dei
giganti della strada. Un ciclismo pionieristico, racconta epiche sfide a cavallo di un mezzo rudimentale, su strade disastrate e distanze improponibili, ad esaltare il carattere eroico dei protagonisti di tali imprese:
le gesta degli eroi del pedale. La bicicletta è il
cavallo di ferro: mezzo veloce e pertanto sinonimo di progresso e modernità. In poco tempo la bicicletta sarà alla portata di tutti o quasi, divenendo così il cavallo dei poveri: più economico, veloce ed efficiente. E' nel secondo dopoguerra, tuttavia, che il ciclismo raggiunge l'apice della sua popolarità. Il giro del 1946, all'indomani del referendum che sancirà l'inizio della Repubblica Italiana, è subito battezzato della
rinascita. In un paese devastato, dove la parola d'ordine da tutti condivisa è
ricostruire, il duro mestiere del corridore appare in perfetta sintonia con le necessità della popolazione.
Pedalare viene acquisendo sempre più il significato di rimboccarsi le maniche, darsi da fare, lavorare.
Figurine, biglie, fumetti di ambientazione ciclistica sono gli strumenti di questa ricezione originale che trasforma i bambini da semplici spettatori in attori della corsa.
Fra le mani dei bambini italiani, in aggiunta alle biglie di terracotta, arrivano i
tappi a corona, materiale di scarto e facilmente reperibile, particolarmente accattivanti per i colori, i disegni, le scritte, oppure le biglie in acciaio dei cuscinetti a sfera o quelle in vetro ricavate dalle
bottiglie di gazzosa. La prima bevanda analcolica gassata ai tempi di Gerbi, Binda e Girardengo, campioni di ciclismo. Era anche detta
bicicletta o
champagne della pallina, dalla quale i bambini recuperavano la biglia di vetro in essa contenuta, al tempo lusso per pochi e ricercatissima perché più tonda e pesante rispetto alle biglie di terracotta.
"Il coperchino è arte. Da normale tappo a corona per chiusura di bibite si trasforma in velocipede completo di ciclista... Era la primavera che faceva esplodere le gare..." (Francesco Guccini, Vacca d’un cane, Feltrinelli Editore)
A partire dal dopoguerra, la corsa su circuito del
ciclotappo, è un gioco largamente diffuso, come testimoniano le numerose citazioni cinematografiche e letterarie, da Gassman a Tognazzi, fino a Guccini. Coperchini, che venivano zavorrati con cera fusa o stucco, e decorati con le immagini dei ciclisti, ritagliate dalle figurine o dai giornali, sintomo dell'originaria preponderante passione per lo sport delle due ruote. Le radiocronache ciclistiche del Giro e del Tour, venivano rivissute dai bambini sui marciapiedi delle strade e nei cortili, in un gioco di simulazione ed immedesimazione.
“Chi gioca a biglie con la biglia di Bitossi…è Bitossi!”
1972, mondiale di ciclismo su strada,
circuito di Gap, Francia:
Franco Bitossi in maglia azzurra è in fuga solitaria. Ormai allo stremo delle forze, vede il traguardo in fondo al lungo rettilineo finale. Lunghissimo per lui! La paura di vincere, forse di non farcela, il boato assordante del pubblico, il sopraggiungere furioso del gruppetto di inseguitori guidati da Eddy Merckx detto "il Cannibale". Le gambe che si inchiodano, la vista che si appanna, lo portano a zigzagare pietosamente sotto gli occhi increduli di tutti.
E' inghiottito a tripla velocità ad un metro dal traguardo, ed è il compagno di squadra Marino Basso, con un colpo di reni finale a saltarlo sulla linea d'arrivo, lasciandogli l'amarezza della medaglia d'argento, dopo aver assaporato il gusto esaltante della clamorosa vittoria.
Ciascuno di noi è stato Franco Bitossi almeno una volta nella vita.
Le palline di plastica con una semisfera trasparente a svelare la figurina del ciclista sembrano comparire sul finire degli anni '50 sulle spiagge italiane, correndo sui circuiti in sabbia realizzati da operosi bagnanti, così come i ragazzini facevano in città, con i grandi mucchi di sabbia di un cantiere edile, allo stacco dei muratori.

Nel circuito di sabbia, fantasia, olio di gomito e spirito cooperativo sono gli ingredienti fondamentali che permettono di realizzare opere speciali quali: paraboliche, cavalcavia, vulcani e ghirigori. Prendono così vita lungo gli arenili del litorale momenti di aggregazione che coinvolgono appassionati vecchi e nuovi legati fra loro da una simulazione che evoca ricordi. Come afferma Gianni Micheloni in
Il gioco delle biglie da spiaggia: un manuale tecnicissimo: “chi gioca a biglie con la biglia di Bitossi…è Bitossi!”
Particolarmente curiosa è la terminologia con la quale si indica il gesto del lancio; termine assente nella lingua italiana e presente invece in tutte le culture regionali:
bicellata (Liguria)
bistecco (San Remo)
biscotto (Firenze)
bodula, bodulada, frucco, gogula, gogulada (Milano)
cicco, cicchetto (Romagna)
cricco (Emilia)
ciuncìn (provincia di Milano)
schicchera, stecca, colpo d'unghia (Roma)
ghiga (Asti)
goga (Brescia)
nocchino (Pistoia)
nocciolina (La Spezia)
pistonca (Sassari)
puffetto (Modena)
quattri (Valtellina)
schioccadito(Abruzzo)
spirlinghino(Cremona)
tips(Brindisi)
ziccaddata (Reggio Calabria)
zicchitune (Palermo)
Bibliografia
D.Marchesini, L’Italia del Giro d’Italia, il Mulino, Bologna 1996.
D.Marchesini, Coppi e Bartali, il Mulino, Bologna 1998.
A.De Lorenzi, Il collezionismo nel mondo della bicicletta, Ediciclo Editore, Portogruaro 1999.
F.Guccini, Vacca d’un cane, Feltrinelli Editore, Milano 1993.
G.Micheloni, Il gioco delle biglie sulla spiaggia, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1996.
FIGCT, I tappetti, Feguagiskia’Studios, Genova 1996.